L’enogastronomia è un settore particolarmente complesso per il nostro Paese.
È cultura, che nasce dalla tradizione e si evolve in continua innovazione, imponendo il Made in Italy nel mondo.
Sotto il profilo economico, è un’area di interesse strategico ed imprescindibile per la ristorazione, le esportazioni, il turismo, la valorizzazione economica italiana.
Nella comunicazione odierna è invece spettacolo, intrattenimento e fenomeno mediatico di massa. Dai cooking show di Sky ai canali di YouTube, emergono come star le figure di Cracco da MasterChef, Borghese da 4Ristoranti, Benedetta Rossi con il suo Fatto in Casa, Iginio Massari da GialloZafferano. E lo chef diventa presentatore televisivo.
Un giornalista che scrive di enogastronomia tutto questo lo deve tenere a mente.
Chi di mestiere fa il curatore editoriale per Gambero Rosso, scrive per la Guida L’Espresso, pubblica su Il Messaggero, tutto questo lo deve tenere a mente.
Un critico enogastronomico riconosciuto tra i più importanti sul panorama nazionale tutto questo lo deve tenere a mente.
Antonio Paolini tutto questo lo deve tenere a mente.
Vivere Freelance è un format nel quale coinvolgiamo i migliori professionisti del settore creativo in un incontro informale, gratuito e aperto al pubblico.
La chiacchierata con Antonio ha affrontato l’enogastronomia trattando in maniera completa e lucida tutti e tre queste sfumature: cultura, economia, spettacolo. Anzitutto, partendo dalla professione del critico.
Quello del critico gastronomico è, apparentemente, il mestiere dei sogni: lavorare mangiando. E mangiando piuttosto bene, tra l’altro.
Eppure è un’attività estremamente complessa, che richiede preparazione, conoscenza, curiosità, apertura mentale.
La capacità prendere posizioni nette e consapevoli deve accompagnarsi alla disponibilità nel ricredersi su qualunque forma di (pre)giudizio con cui ci si siede a tavola.
Inoltre un critico non deve solo assaggiare. Deve osservare, ascoltare, tastare, sentire. Capire. L’esperienza enogastronomica comincia dall’ingresso del ristorante e si completa solo dentro la cucina.
Il critico non può limitarsi a bere e mangiare.
Il critico deve passare attraverso un’esperienza culinaria.
L’esperienza culinaria deve poi essere raccontata effiacemente. E qui deve necessariamente venir fuori il giornalista.
Tradurre l’enogastronomia in parole non è facile, richiede abilità con la penna ed una sensorialità lucida, oltre che una specifica preparazione.
Farlo tenendo poi conto di tutte quelle che sono le esigenze editoriali del giornalismo non può prescindere da una conoscenza profonda dei media. Specie nella transizione dalla tradizionale carta stampata e la fruizione del web.
Bisogna tenere conto del numero di battute a disposizione, che varia a seconda della qualità del ristorante, saper costruire lead accattivanti, creare uno storytelling del gusto.
Guidare il consumatore, affascinare il lettore. Raccontare l’esperienza, descrivere i piatti, intrattenere il fruitore.
Nel fare tutto questo, bisogna sempre ben tener conto del pubblico a cui ci si sta rivolgendo.
Anzitutto, con la consapevolezza che un critico enogastronomico è un esperto della scienza culinaria, ultimo punto di riferimento culturale in un ambito che viene sempre più spettacolarizzato. Da un lato, infatti, i cooking show e le star della cucina sul web accendono i riflettori sull’enogastronomia, portandovi l’interesse di un pubblico mai visto prima. D’altro canto, questa spropositata esposizione mediatica può dare la falsa impressione che un certo tipo di conoscenze e consapevolezze siano automaticamente accessibili a tutti.
Chi scrive di enogastronomia ad alti livelli non può permettersi che questo accada. «Tutti ascoltano musica, ma pochi sono critici musicali. Tutti hanno gli occhi per vedere un quadro, pochi sono critici d’arte. Per un critico enogastronomico vale esattamente lo stesso discorso.»
Deve quindi saper adattare il suo messaggio al mezzo con cui si esprime, il suo linguaggio al pubblico a cui lo espone. Tutto questo senza però perdere di vista l’intento primario: fornire conoscenze ai fruitori, educarli al gusto, guidarli nell’esperienza culinaria.
L’incontro di Vivere Freelance si è svolto online, a causa delle necessarie restrizioni atte a contenere la diffusione del Codvid-19. Cesare e Domenico hanno intervistato il nostro ospite, mentre gli spettatori hanno potuto assistere ed interagire tramite stanza virtuale.
Qui potete recuperare l’intervista completa.
L’intervista ad Antonio Paolini ci ha così fornito diversi spunti.
Abbiamo così potuto cogliere impulsi che portano a direzioni diverse, ma che si intrecciano in maniera virtuosa.
Nel campo della comunicazione, e come questa deve essere sempre adattata al fine, al mezzo e al pubblico. Nella cultura, e di come questa può e deve essere valorizzata attraverso l’identità enogastronomica (un po’ come vi avevamo raccontato per la nostra esperienza a Bascialonga). Nell’imprenditoria, e di come questa possa strutturarsi su iniziative di valorizzazione della tradizione o di totale innovazione.
Sempre con la capacità di mantenere a disposizione quelli che sono gli strumenti assolutamente necessari al libero professionista di oggi.
Preparazione, curiosità, apertura mentale, consapevolezza. Lucidità di pensiero e professionalità nell’azione.
Per questa preziosa lezione, ad Antonio va l’enorme ringraziamento di Wide Open Coworking.