È il 1972. I membri di un’associazione non-profit con sede a Winterthur, Il Club di Roma, stanno esaminando il rapporto che hanno commissionato ai ricercatori dei MIT, l’Istituto di tecnologia del Massachusetts.
Per la prima volta, nero su bianco, appare su un documento scientifico un’affermazione che è insieme ovvia e rivoluzionaria:
Il rapporto si chiama I Limiti della Crescita, firmato da Donella e Dennis Meadows, Jørgen Randers e William W. Behrens III.
In quelle pagine nasce il concetto di sostenibilità ambientale.
Foto di Marco Di Marcantonio
È il 2021. Le pagine de I Limiti della Crescita sono ingiallite.
Nel frattempo il 75% degli ecosistemi terresti e il 66% di quelli marini sono stati alterati dall’attività umana.
Con un modello socio-economico globale che da tempo mostra tutti i suoi limiti, il concetto di sostenibilità ambientale si è fortemente evoluto, uscendo dai confini dell’ecologia e andando a toccare ambiti di più ampio respiro.
La sostenibilità ambientale è entrata nella narrazione del nostro quotidiano. Informazione e pubblicità, abitudini e consumi, economia e cultura. Al netto della pandemia, la sostenibilità ambientale è un argomento che si mantiene tra i capisaldi del dibattito sociale.
L’idea stessa di sostenibilità ambientale ormai si sovrappone quasi totalmente a quella di sviluppo sostenibile. Una visione in cui il modello di vita umano permette crescita e benessere globali, in equilibrio con l’ecosistema naturale del pianeta.
Questo significa diminuire gli sprechi, ridurre le emissioni nocive, educare le persone, innovare gli stili di vita, ottimizzare le risorse.
Per vivere bene entro i limiti del pianeta.
Lo sappiamo, la situazione non è delle più rosee. Eufemisticamente parlando.
E lo sappiamo, i governi ed enti sovrannazionali hanno un’agenda programmatica di obiettivi a lungo termine per i singoli Paesi.
Ormai è un ritornello: serve un cambio di rotta immediato.
Foto di Marco Di Marcantonio
Gli obiettivi strategici sono stati fissati per il 2020, il 2030 e il 2050, con tre focus specifici: conservare la biodiversità, ridurre lo sfruttamento delle risorse naturali, frenare i cambiamenti climatici.
Secondo il rapporto “L’ambiente in Europa: stato e prospettive nel 2020″ (SOER 2020) a cura Agenzia europea dell’Ambiente (AEA), le politiche sull’ambiente e il clima hanno contribuito a migliorare la situazione ambientale negli ultimi decenni. Le emissioni di gas serra sono state ridotte di molto negli ultimi vent’anni, mitigando i cambiamenti climatici. Altri miglioramenti ci sono stati per quel che riguarda l’inquinamento atmosferico e idrico, grazie anche ad un nuovo approccio riguardo i rifiuti di plastica, ed una buona attenzione per tutto ciò che riguarda l’economia circolare e biosostenibile.
Nonostante questi significativi miglioramenti, gli obiettivi strategici fissati per il 2020 non sono stati centrati, e senza una decisa svolta sono a forte rischio anche quelli a medio termine da raggiungere entro i prossimi 10 anni.
Lo stile di vita degli americani è il più inquinante al mondo: con 5 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno, hanno di gran lunga l’emissione pro-capite più alta del pianeta. E il problema è accentuato dalla mancanza di continuità politica per la sensibilità ambientale.
Non è un segreto: l’amministrazione Obama si è mossa con attenzione per l’ambiente, Trump ha puntato su uno sviluppo economico decisamente meno sostenibile (in questo articolo ci piacciono gli eufemismi), e ora tutto il mondo attende di vedere come si muoverà il neo-presidente Biden, che comunque della questione ambientale ha fatto uno dei suoi punti programmatici principali.
Le gestioni dell’Accordo di Parigi (2015) e dell’oleodotto Keystone XL sono narrazioni perfette dei diversi atteggiamenti dei due + uno presidenti americani.
In termini di valori assoluti, le emissioni inquinanti della Cina sono le più importanti al mondo: circa il 27% della CO2 totale del pianeta viene prodotta lì, contro il 16% degli USA e l’11% dell’Unione Europea. Il paese asiatico consuma ogni anno circa il 50% del carbone utilizzato nel mondo, che insieme a petrolio e gas naturale copre l’85% dell’energia primaria del Paese.
Tradotto: non si può sperare in un miglioramento senza che la Cina partecipi attivamente alla soluzione.
Tuttavia la Cina è anche il Paese con i più alti investimenti ecologici, i cui stanziamenti secondo alcune stime coprono il 50% di quelli mondiali. A questo impegno economico fa fronte un’azione programmatica molto decisa.
Secondo l’agenda di Pechino, il 25% dei veicoli nuovi nel Paese dovranno essere elettrici o ibridi entro il 2025, mentre la plastica monouso sarà vietata entro il 2022.
Da molti anni viene portato avanti un programma di riforestazione degli ambienti (dal 12% di superficie al 27% negli ultimi 30 anni) e sono molto forti gli investimenti per la produzione di turbine eoliche, pannelli solari e fonti di energie rinnovabili da sfruttare nel prossimo futuro.
Foto di Marco Di Marcantonio
Ci sono parecchie controversie quando si parla di sostenibilità ambientale.
La politica viene spesso tacciata – non a torto – di avere un atteggiamento ancora timido nei confronti di questo tipo di problematiche. Pochi propositi, che nella maggior parte dei casi rimangono tali, senza una vera e concreta azione. C’è leggerezza nei confronti degli accordi internazionali e viene data poca priorità al raggiungimento degli obiettivi strategici.
Ma la questione non è solo politica.
Da sempre la sostenibilità ambientale si scontra con un atteggiamento avverso da parte dell’economia e con lo scetticismo di tutta una fetta di opinione pubblica, inevitabilmente legati a stili di vita e modelli finanziari radicati, ma non più sostenibili.
Addirittura il concetto di sostenibilità ambientale arriva ad essere visto come un fastidio, se non un ostacolo. E il bisogno sembra essere quello di ragionare con poca lungimiranza, in termini di comodità immediata e circoli economici dati per solidi.
E cioè?
Esempi banali: chi ha il potere di acquisto per un’automobile è ancora probabile che punti su un modello a gas o diesel, piuttosto che su un’ibrida o elettrica. Chi ha possibilità di investire lo fa sul petrolio per avere un guadagno domani, e non su un’energia rinnovabile per un ritorno sul lungo termine.
Siamo alla soglia critica per ciò che riguarda l’equilibrio ambientale, e serve la proverbiale rapida svolta.
L’aspetto positivo è che sta emergendo tutta una nuova generazione di cittadini che si riconoscono pienamente nella sensibilità di queste tematiche.
Cittadini. E quindi consumatori, elettori, lavoratori, educatori, investitori, comunicatori.
Se da una parte c’è una fetta di opinione pubblica che bolla il movimento Friday for future come una banda di ragazzini lamentosi che non hanno voglia di andare a scuola il venerdì, dall’altra nel giro degli ultimi anni il discorso è diventato centrale nel dibattito sociale.
La sostenibilità ambientale è uscita dal rumore di fondo dei media, ed è diventata una tematica importante.
Di più: è diventata un valore di mercato da proporre ai propri clienti.
Un punto programmatico fondamentale da sostenere con i propri elettori.
Un contenuto valido da portare a lettori, spettatori e fruitori.
Fortunatamente è sempre più raro trovare un’azienda o un brand che non punti almeno in parte su prodotti riciclati, svolte green e iniziative di sostenibilità ecologica. Forse in maniera un po’ pretestuosta ed in odoro di greenwashing, ammettiamolo, ma a fin di bene.
Stessa cosa può dirsi per la politica, che sulla sostenibilità ambientale macina sempre più consensi.
Foto di Marco Di Marcantonio
Con queste premesse, c’è da chiedersi come ne verrà condizionato anche il mondo del lavoro.
Sostenibilità ambientale ed ecologia sono tematiche che possono declinarsi in una serie di possibilità economiche straordinarie.
Auspicabilmente, l’architettura sarà sempre più concentrata sulla progettazione di città e comunità ecosostenibili, in un’urbanizzazione del tutto nuova. L’ingegneria già oggi trova spunti (molti) e investimenti (mai abbastanza) sulla progettazione di sistemi di pulizia degli oceani, conversione delle energie pulite, recuperi ambientali.
Moltissime startup nascono e si affermano con il proposito di ridurre gli sprechi, ottimizzare le risorse e proporre servizi che soddisfino i bisogni del cliente con un minore impatto sull’ambiente.
Il mondo del design si adegua ai nuovi stili di vita ecosostenibili – in alcuni casi anticipando il cambiamento – e la moda ne interpreta le tendenze. E così, anche il settore creativo e della comunicazione viene pienamente coinvolto . (D’altronde state leggendo questo articolo…)
Non è un caso se il concetto stesso di coworking ha tra le sue fondamenta il concetto di sostenibilità, e Wide Open non fa eccezione.
A fronte di una classe lavoratrice che ha sempre più a cuore le tematiche ambientali, gli spazi di coworking offrono la reinterpretazione della routine professionale in chiave sostenibile, oltre che flessibile. Quindi condivisione e ottimizzazione di risorse, riduzioni degli sprechi, e risparmio energetico, il più delle volte in spazi allestiti con arredi e materiali ecosostebibili.
Nell’ottica di una quotidianità green e di una concezione dell’ambiente urbano improntata alla gestibilità ambientale, i coworking sono un tassello importante di questa conversione socio-economica.
Nuovi modelli di vita. Nuovi circoli economici. Economia verde. Economia blu.
Tutti propositi ad ampio respiro e lungo termine, che toccano gli ambiti più disparati della nostra società.
Per favorire i cambiamenti e raggiungere gli obiettivi, tutti devono fare la propria parte e nessuno può ovviamente farcela da solo.
L’educazione è un tassello imprescindibile, e se noi sentiamo la necessità di imparare a vivere in modo ecosostenibile, si dovrebbe poter arrivare ad un punto in cui le prossime generazioni vivano la sostenibilità con la naturalezza dell’ovvio.
Come esistono i nativi digitali, devono esistere i nativi ecologici.
Di fondamentale importanta è poi la capacità di riuscire a informarsi, dando consapevolezza e sicurezze ecologiche alle scelte che intraprendiamo nel quotidiano: nei consumi che facciamo e nei servizi a cui accediamo.
Tutto questo perché, teniamolo a mente, il pianeta non ha bisogno di essere salvato.
Ne abbiamo bisogno noi.
Un brand abruzzese che punta tutto sulla sostenibiltà
Sostenibilità ambientale – Enel Green Power
Sostenibilità ambientale: definizione, significato e obiettivi – Hello Green
Che cos’è la sostenibilità ambientale – Ippo Engineering
Sostenibilità ambientale. dal concetto alle azioni – Italia che cambia